La biopsia del linfonodo “sentinella”

Il carcinoma della mammella può diffondersi nell’organismo e riprodursi in altri organi attraverso i vasi sanguigni e, più frequentemente, le vie linfatiche che afferiscono ai linfonodi dell’ascella. Per questa ragione sapere se la malattia abbia o meno interessato questi linfonodi è importante per poter pianificare al meglio i programmi di cura. 

Fino all’inizio degli anni 2000 per conoscere lo stato dei linfonodi non c’era alternativa alla loro completa asportazione chirurgica che veniva quindi di regola praticata in tutti i casi. Oggi invece la procedura di elezione è rappresentata dalla biopsia del cosiddetto “linfonodo sentinella” ovvero  del primo linfonodo che riceve la linfa proveniente dall’area della mammella sede del tumore. Quest’opzione, assai meno invasiva e validata da numerosi studi clinici internazionali, si è dimostrata altamente attendibile nel definire la situazione ascellare permettendo di evitare l’asportazione dei linfonodi nei casi in cui l’esame del sentinella risulti negativo per la presenza di cellule tumorali. Si è infatti capito che per diffondersi il tumore segue uno schema regolare che prevede dapprima il coinvolgimento del linfonodo sentinella e solo in un secondo tempo eventualmente anche degli altri linfonodi ascellari che vengono convenzionalmente definiti in 3 livelli in base alla loro collocazione anatomica (vedi figura).  

Per identificare il sentinella si possono utilizzare due procedure. Una prevede l’utilizzo di un colorante vitale l’altra quello di un tracciante radioattivo. Entrambe sono completamente indolori e la scelta dell’una o dell’altra dipende dal tipo di organizzazione delle diverse strutture ospedaliere.

Se da un lato infatti l’uso del tracciante radioattivo garantisce in genere maggior precisione nell’individuazione del linfonodo da asportare, dall’altro, comporta una maggior complessità organizzativa non foss’altro per la necessità di disporre di un servizio di medicina nucleare.

In caso di localizzazione con tracciante radioattivo durante l’intervento, il chirurgo con l’ausilio di una sonda che viene passata lentamente in corrispondenza del cavo ascellare, individua la zona di maggiore emissione del segnale radioattivo e viene radioguidato all’asportazione del linfonodo che può essere effettuata attraverso la medesima incisione utilizzata per rimuovere il tumore quando è localizzato nel quadrante supero-esterno della mammella oppure con una piccola incisione praticata sotto l’ascella.

Il linfonodo asportato può essere analizzato intraoperatoriamente (mentre la paziente è anestetizzata) nei centri che dispongono di un servizio di Anatomia Patologica immediato, oppure in definitivo (alcuni giorni dopo l’intervento chirurgico). In entrambe i casi l’esito istologico è certo.

L’unico vantaggio della metodica intraoperatoria è che il risultato si ottiene dopo circa 50 minuti e permette, in tempo reale di avere un’idea sullo stato linfonodale evitando così l’asportazione di tutti i linfonodi ascellari (dissezione ascellare) qualora il linfonodo sentinella esaminato risultasse sano e d’altro canto se invece risultasse interessato da malattia neoplastica (macrometastasi), di procedere subito alla dissezione ascellare (per i casi che lo prevedono) evitando alla paziente un secondo intervento chirurgico